Non solo un manifesto vegetariano, a cura di Maria Pamini

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carloceruti
view post Posted on 3/5/2010, 17:31




Non solo un manifesto vegetariano
a cura di Maria Pamini
da: http://www.lucacoscioni.it/articoloagenda/...sto-vegetariano
In libreria
A cura di Maria Pamini
Non solo un manifesto vegetariano
Da quando si vuole mangiare sempre più carne pagandola sempre meno “c’è troppa merda perché le colture possano assorbirla; non un po’ troppa, non troppissima, ma un fottio di troppo.”
Se niente importa” non è semplicemente un manifesto del vegetarianismo, come potrebbe sembrare a prima vista. Il consumo di carne (soprattutto negli Stati Uniti ma è un fenomeno che si sta velocemente espandendo, soprattutto in paesi tradizionalmente vegetariani e demograficamente importanti come India e Cina) è legato oggi indissolubilmente all’industria zootecnica, all’allevamento intensivo (meno dell’1% degli animali uccisi per la produzione di carne in America proviene da fattorie a gestione familiare). Allevamento intensivo significa tante cose: senz’altro grandi sofferenze per gli animali che, imbottiti di antibiotici, non rappresentano nemmeno un cibo sano e nutriente; ma anche una delle attività che contribuisce “maggiormente ai più seri problemi ambientali su ogni scala, da quella locale a quella globale. (…) I problemi del degrado del suolo, dei cambiamenti climatici, dell’inquinamento dell’aria, della carenza e dell’inquinamento dell’acqua e della perdita di biodiversità” (lo dicono le Nazioni Unite). Non è semplice fare scelte razionali sul cibo poiché esso “tocca corde che risuonano nel profondo di noi - la nostra idea di noi stessi, le nostre memorie, i nostri desideri e i nostri valori”.
E per Foer i primi ricordi “sociali” del cibo sono legati ai pranzi domenicali dalla nonna, “La Cuoca Migliore Che Ci Sia”, sopravvissuta alla guerra scappando per l’Europa dai nazisti a piedi nudi. Suo è il titolo del libro: un contadino russo, vedendola pelle e ossa, le diede un pezzo di carne che accettò ma non mangiò perché si trattava di maiale, e lei, ebrea osservante, mangiava solo kosher. Ma come, neppure per salvarsi la vita? “Se niente importa, non c’è niente da salvare”, è la risposta della nonna. L’atteggiamento di Foer verso gli animali, come esseri viventi e come nutrimento, è cambiato nel tempo e vi hanno contribuito sia l’adozione di George, un cucciolo di cane, sia l’arrivo del figlio, grazie al quale ha speso tre anni per raccogliere informazioni e testimonianze per questo libro, tra le quali quelle d’allevatori che credono nel benessere degli animali, ma anche quelle di macellatori e onnivori convinti. Certo, non è solo un problema di etica individuale ma soprattutto una questione politica: gli utili delle grandi aziende alimentari sono impressionanti e gran parte dei costi si esternalizzano poiché il degrado del terreno, l’inquinamento e le malattie causate da esso sono trasferiti alla sfera pubblica e secondo Foer ”l’industria zootecnica esercita la propria influenza politica sapendo che il proprio modello di business dipende dal fatto che i consumatori non hanno la possibilità di vedere (o sentire)”.
La distanza crescente tra l’hamburger e il bovino, il sashimi e il tonno “ha permesso all’industria agroalimentare di trasformare l’allevamento di bestiame e pollame in sistemi malsani e inumani lontano dagli occhi del pubblico”. Per questo Foer ci chiede, se non di essere coerenti, di confrontarci con il problema. Sul piano individuale scegliere di non mangiare gli animali significa non avallare i metodi dell’industria zootecnica e riconoscere ciò che Darwin aveva già detto con chiarezza, che “non vi è alcuna differenza fondamentale tra l’uomo e i mammiferi superiori per quanto concerne le loro facoltà mentali. (…) Gli animali inferiori manifestano piacere e dolore, felicità e tristezza esattamente come l’uomo”. Avere cura degli animali, di tutti, che si decida o no di mangiarli, significa proseguire nella lotta per i diritti di tutti gli esseri viventi, compresi i più deboli. Foer fa un parallelo forte ma efficace: gli animali degli allevamenti intensivi sono schiavi dell’industria zootecnica e serve un’azione forte e determinata quanto quella guidata da Martin Luther King negli anni Cinquanta perché “prima o poi arriva l’ora in cui bisogna prendere una posizione che non è né sicura, né conveniente, né popolare”. E “sarebbe certo suonato incredibile se (…) ti avessero detto che sederti in un posto o in un altro al ristorante o sull’autobus avrebbe potuto cominciare a sradicare il razzismo”.
Jonathan Safran Foer SE NIENTE IMPORTA. PERCHÈ MANGIAMO GLI ANIMALI? Edizioni Guanda 2010 363 PP 18 EURO


 
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