Bloomberg: "La moschea, un valore americano", combattiamo il terrore mostrando la nostra libertà religiosa

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carloceruti
view post Posted on 26/8/2010, 11:03





La Stampa, 26/8/2010

IL DISCORSO

Bloomberg: "La moschea, un valore americano"


Il sindaco di New York: combattiamo il terrore mostrando la nostra libertà religiosa
MICHAEL BLOOMBERG*
SINDACO DI NEW YORK

Questo è un ampio estratto del discorso che il sindaco di New York ha tenuto in occasione della cena annuale per celebrare la fine del Ramadan, ospitata nella Gracie Mansion, la sua residenza ufficiale. All'incontro erano presenti molti leader della comunità musulmana di New York.

NEW YORK
L'America è una nazione di immigrati e nessun posto spalanca le porte al mondo più di New York. Gli Stati Uniti sono la terra delle opportunità e nessun altro luogo offre ai suoi abitanti più occasioni per inseguire i sogni che New York. L'America è la culla della libertà. Nessuno la difende con più ardore o è stato attaccato con più ferocia a causa della sua libertà, come New York.

Nelle ultime settimane è sorto un dibattito che va al nocciolo di chi siamo come città e come Paese. La proposta di costruire una moschea e un centro comunitario a Lower Manhattan ha generato un dibattito nazionale sulla religione in America e poiché il Ramadan offre lo spunto per una riflessione vorrei discuterne.

Ci sono persone di buona volontà in entrambi gli schieramenti e auspico che il dialogo possa continuare in modo civile. Penso che la maggior parte delle persone sia d'accordo sulle due questioni fondamentali: la prima è che i musulmani hanno il diritto garantito dalla Costituzione di costruire una moschea a Lower Manhattan e, secondo, che il luogo del World Trade Center è un terreno sacro. L'unica domanda che abbiamo dinanzi è: come onoriamo quel terreno? Dopo gli attentati, alcuni sostennero che tutta la zona dovesse essere riservata a un monumento.

Decidemmo però che il modo migliore per onorare coloro che abbiamo perso e per battere i nostri nemici, era costruire un monumento commovente e ricostruire l'area. Volevamo che quel posto ricordasse al mondo che questa città non dimenticherà mai i suoi morti e non smetterà di vivere. Abbiamo promesso di riportare in vita Lower Manhattan - più forte che mai - come simbolo della nostra sfida e l'abbiamo fatto. Oggi, e più di prima, è una comunità di vicini con più persone che là vivono, lavorano, giocano e pregano.

Ma se sosteniamo che una moschea e un centro comunitario non dovrebbero essere costruiti vicino al perimetro del World Trade Center, comprometteremmo il nostro impegno per combattere il terrore con la libertà. Colpiremmo i nostri valori e i principi per cui tanti eroi sono morti per proteggerli. Alimenteremmo le impressioni sbagliate che alcuni americani hanno dei musulmani. Manderemmo un segnale al mondo che i musulmani americani sono uguali per la legge, ma diversi agli occhi dei loro compatrioti. E consegneremmo un prezioso strumento di propaganda ai reclutatori dei terroristi che diffondono falsità dicendo che l'America è in guerra con l'Islam. L'Islam non ha attaccato il World Trade Center, è stata Al Qaeda. Coinvolgere tutto l'Islam nelle azioni di pochi che hanno deviato da una grande religione è disonesto e non americano.

Proprio in questo momento, ci sono giovani americani - alcuni dei quali musulmani - che sorvegliano le libertà in Iraq e Afghanistan e nel mondo. Uomini e donne del nostro esercito sono impegnati a combattere per i cuori e le menti. E la loro più grande arma è la forza dei valori americani che hanno sempre ispirato persone nel mondo. Ma se noi non mettiamo in pratica in patria ciò che predichiamo all'estero - se non guidiamo con l'esempio - miniamo i nostri soldati, gli scopi della nostra politica estera e la nostra sicurezza. In un'altra epoca, con sfide internazionali diverse per il Paese, il Segretario di Stato del presidente Kennedy, Dean Rusk, spiegò al Congresso perché è importante essere all'altezza dei nostri ideali in patria. Disse: «Gli Usa sono considerati la dimora della democrazia e l'avamposto della battaglia per libertà, diritti umani e dignità. Ci è richiesto di essere un modello».

Quasi cinquant'anni più tardi, queste parole risuonano ancora vere. Nel combattere i nemici non possiamo affidarci interamente al coraggio dei soldati o all'abilità dei diplomatici. Tutti noi dobbiamo fare la nostra parte. Come abbiamo combattuto il comunismo mostrando al mondo la forza del libero mercato e delle libere elezioni, così dobbiamo combattere il terrorismo mostrando il potere della libertà religiosa e la cultura della tolleranza. La libertà e la tolleranza sconfiggeranno sempre la tirannia e il terrorismo. Questa è la grande lezione del XX secolo e non dobbiamo abbandonarla nel XXI.

Capisco l'impulso a cercare un altro luogo per la moschea. Comprendo il dolore di coloro che sono spinti da una perdita grande. Ci sono persone di ogni fede che sperano che una compromesso metterà fine al dibattito. Ma non sarà così. Perché poi la questione muterà: quanto grande dovrebbe essere l'area bandita alla moschea attorno al World Trade Center? Già c'è una moschea a quattro isolati da là. Dovremmo spostarla? Siamo dinanzi a una verifica della nostra adesione ai valori americani. Dobbiamo avere il coraggio delle convinzioni e fare ciò che è giusto, non ciò che è facile. E riporre fiducia nelle libertà che hanno sostenuto questo grande Paese per oltre 200 anni.

I primi coloni approdati sulle coste Usa aspiravano alla libertà religiosa e i padri fondatori scrissero una Costituzione che la garantiva. Fecero sì che al governo non sarebbe stato permesso preferire una fede piuttosto che un'altra. Tuttavia, non molto tempo fa, ebrei e cattolici dovettero superare stereotipi e costruire ponti verso coloro che li consideravano con sospetto e non pienamente americani. Nel 1960 molti temevano che Kennedy avrebbe imposto la legge del Papa all'America. Ma egli ci insegnò che la devozione a una religione di minoranza non è un ostacolo al patriottismo. È una lezione che dobbiamo aggiornare oggi ed è nostra responsabilità accettare la sfida.

 
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