TURCHIA (di Joschka Fischer), Europa stai attenta: sono guai seri se Ankara resta fuori.

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carloceruti
view post Posted on 8/5/2011, 09:07




Il Riformista, 30 novembre 2006

TURCHIA



Europa stai attenta:

Sono guai seri se Ankara resta fuori.

(di Joschka Fischer)

La Turchia al centro dell'attenzione mondiale. Non solo per la visita di Benedetto XVI e per il congelamento del processo negoziale per l'adesione all'Unione europea che, proprio nelle stesse ore, è scaturito dal mancato accordo sul contenzioso cipriota. Tutti e due gli eventi hanno mostrato, in ambiti differenti ma convergenti, quanto la Turchia sia centrale su quasi tutte le questioni che toccano il rapporto dell'Europa con il Medio Oriente, il mondo islamico e l'Asia. Sull'argomento, qualche giorno fa, è comparsa sulla stampa tedesca una articolata e per certi versi drammatica riflessione di Joschka Fischer, ex ministro degli Esteri della Germania federale. Si tratta di un appello all'Unione a non far cadere il negoziato con Ankara che si conclude con un profetico pessimismo che ha trovato conferma nell'impasse sulla questione cipriota.
Nel Mediterraneo orientale e nel Medio Oriente - scrive Fischer – si decide della sicurezza europea del futuro: l'Europa è destinata, che le piaccia o no, ad assumere un nuovo ruolo strategico e se fallisce dovrà pagare un prezzo molto alto. L'Unione dovrebbe perciò sviluppare per il Mediterraneo orientale e per il Medio Oriente una Grand Strategy, definendo in modo oggettivo i propri interessi. In ogni variante seria in cui si può presentare, una Grand Strategy non può non attribuire alla Turchia un ruolo centrale dal punto di vista politico, militare, economico e culturale. L'interesse europeo chiede che questo pilone della sicurezza regionale venga stabilizzato il più possibile. Invece, sorprendentemente, l'Europa sta facendo esattamente il contrario, sostiene l'ex ministro degli Esteri, e chiude gli occhi di fronte alla sfida strategica.
La modernizzazione e la democratizzazione della Turchia, la crescita di una forte società civile, la certezza del diritto, una economia moderna: sono obiettivi che costituirebbero un grosso successo non solo per la Turchia stessa, ma per la stabilità nell'intera regione.
Si tratterebbe di un modello di trasformazione che – sottolinea Fischer - avrebbe effetti importanti nel mondo islamico. Inoltre, una efficiente modernizzazione di un grosso Paese islamico rappresenterebbe in ogni caso un contributo decisivo per la sicurezza europea.
Fin dal tempo del fondatore dello Stato, Kemal Atatürk, cioè da più di otto decenni, la modernizzazione della Turchia dipende dalle sue prospettive di collocazione in un contesto europeo e occidentale. Da almeno 43 anni queste prospettive si esprimono nella richiesta della Turchia ad entrare nella Ue e sono oggetto di colloqui con la stessa Unione. Uno sguardo, anche superficiale, su quella area di crisi al confine orientale e sud-orientale dell'Europa rende subito chiaro quale fondamentale importanza abbia la Turchia in termini di sicurezza: Iran, Iraq, Siria, il conflitto mediorientale, l'Asia centrale e il Caucaso del sud, il terrorismo islamico, l'emigrazione e l'approvvigionamento energetico europeo sono alcune delle problematiche riguardo alle quali è del tutto impossibile ignorare la Turchia. E invece - nota Fischer - proprio adesso gli europei sembrano cedere a un crescente disinteresse al progresso delle relazioni turco-europee.
Dal rapporto della Commissione di Bruxelles sullo stato di avanzamento dei negoziati - denuncia l'ex ministro degli Esteri di Berlino - possono venire conseguenze pericolose, che rischiano di far deragliare l'intero processo. La Turchia si rifiuta di rispettare il cosiddetto protocollo di Ankara e aprire i propri porti, aeroporti e strade alla Repubblica (greca) di Cipro finché l'Unione europea - bloccata dal governo greco-cipriota di Nicosia - non mantiene le proprie promesse e apre il commercio con la Cipro del nord controllata dai turchi. Si tratta di un impegno che la Ue ha preso nel Consiglio europeo del dicembre 2003, che ha ribadito formalmente anche con il consiglio dei ministri degli Esteri nell'aprile 2004, ma che finora non ha rispettato. È Ankara e non l'Ue ad avere ragione su questo punto. I ciprioti del nord turco votarono secondo il piano del segretario generale dell'Onu Kofi Annan per la soluzione del conflitto: lo stesso piano che anche l'Ue sosteneva pienamente. È stato il sud greco, guidato dal suo governo, a rifiutarlo.
Molti, nella Ue - soprattutto in Francia, Germania e Austria - ritengono questa prospettiva di fallimento una cosa positiva, perché pensano di convincere in questo modo la Turchia a rinunciare alle proprie pretese. Ma questo atteggiamento è caratterizzato da poco senso di responsabilità. L'Unione si sta comportando sulla base dei miopi interessi politici interni di alcuni importanti Stati membri e questo la porta a compiere un grosso errore.
Quali prospettive - chiede polemicamente Fischer - avrebbe la Turchia restando al di fuori dell'Europa? Ambizioni panturaniche? Oppure un ritorno all'Oriente e all'islam? Nessuna delle due cose sarebbe da auspicare e proprio per questo non possiamo rimanere inerti di fronte alla prospettiva di lasciare la Turchia davanti alle porte chiuse dell'Europa. Sembra quasi che l'Europa stia lavorando a creare una alleanza storicamente impossibile fra Stati vicini che sono vecchi rivali regionali: Russia, Iran e Turchia . Tutte e tre le potenze sono oggetto di un preminente interesse dell'Europa e tutte e tre, se dipendesse da loro, non sarebbero mai partner della stessa alleanza ma sempre rivali. Ma gli errori dell'Europa potrebbero spingerle a quel passo: gli europei sembrano essersi assunti il compito di gestire l'impossibile a proprie spese.
Attenzione - ammonisce l'ex ministro - secondo i sondaggi la frustrazione nei confronti dell'Europa in Turchia sta crescendo drammaticamente. Contemporaneamente crescono nella popolazione le simpatie per l'Iran, l'alienazione nei confronti dell'Occidente diventa più profonda e i rapporti diplomatici con la Russia toccano un'intensità finora mai conosciuta.
Le resistenze massicce che, legate prevalentemente alla politica interna, si registrano contro l'ingresso della Turchia ci fanno dubitare sull'esito del processo. A quale decisione si arriverà, alla fine? Per ora si deve riconoscere che la tendenza a mettere consapevolmente in pericolo qui ed oggi questo processo costituisce una grossa e pericolosa sciocchezza degli europei, la cosa peggiore che può esistere in politica. I rapporti tra gli europei e i turchi sono attualmente come due treni che corrono l'uno contro l'altro e che debbono essere fermati urgentemente. Perché né la Turchia né l'Europa possono permettersi lo scontro che si profila.
 
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