Ashton: EUROPA - LA GUERRA IN LIBIA, Ashton: Ue modello per il Mediterraneo

« Older   Newer »
  Share  
carloceruti
view post Posted on 26/5/2011, 10:13




Ashton: EUROPA - LA GUERRA IN LIBIA



Ashton: Ue modello per il Mediterraneo



La Stampa, 25/05/2011

EUROPA - LA GUERRA IN LIBIA

"Parte da Bengasi la riconquista del Mediterraneo"

Ashton: «La Ue ha un enorme ruolo da giocare. Oggi i giovani arabi ci considerano un modello»
MARCO ZATTERIN CORRISPONDENTE DA BRUXELLES
L' obiettivo non è cambiato, Gheddafi se ne deve andare e la violenza in Libia deve finire. Tuttavia c'è qualcosa di nuovo, a Bengasi e oltre: la gente parla già del futuro, pensa e fa piani; nessuno vuole che alla caduta del rais si crei un pericoloso vuoto politico».
Catherine Ashton è appena tornata dalla Cirenaica dove ha aperto il primo ufficio a dodici stelle, in tempo per farsi criticare dal drappello di governi che contesta il suo Servizio Esterno e varare, oggi col collega per l'Allargamento Stefan Füle, la revisionata strategia per il vicinato dell'Ue, 27 miliardi di fondi in tre anni, la metà dei quali indirizzati ai Paesi Mediterranei del Sud. «Si attendono molto dall'Europa - assicura la baronessa inglese -. Non possiamo tradirli». La novità è che il sostegno ai vicini diviene più ricco e condizionato, secondo il principio «More for more», più soldi per chi fa di più. «Le risorse vanno spese bene - ha detto la Signora Ashton parlando con alcuni europei -, sono denari dei contribuenti e devono finire laddove a cui sono destinati». In passato non sempre è successo. «Io la chiamo "responsabilità reciproca" - insiste il capo della diplomazia europea e vicepresidente della Commissione -. Noi dobbiamo rispondere a loro, loro a noi».
È il tanto sventagliato nuovo piano Marshall?
«Esito a usare questa definizione. Quando il generale George Marshall chiese 13 miliardi al Congresso nel 1947, cercava i mezzi per ricostruire una Europa devastata dalla guerra. La nostra proposta ha solo qualche similitudine, soprattutto i prestiti e l'esigenza d'un piano onnicomprensivo e coordinato. Non c'è l'elemento della distruzione bellica ed è una iniziativa europea a cui se ne aggiungeranno altre».
Dite «More for more». Tuttavia in molte capitali si inneggia al «più per meno», con riferimento agli immigrati.
«Gli egiziani che ho incontrato, come i tunisini e libici, sono orgogliosi di ciò che sono e non mi pare che in molti pensino a prendere una barca e venire da noi. Chi è costretto alla fuga sa di perdere qualcosa. La gente con cui ho parlato vuole essere aiutata a ricostruire il proprio Paese per restare dov'è».
Che possiamo fare?
«Dobbiamo approfondire le prospettive di mobilità nei due sensi. Si tratta di favorire la formazione per costruire i lavoratori di domani. Poi sviluppare le professionalità di cui abbiamo bisogno noi. Il fine del piano deve essere chiaro, per i vicini del Sud dell'Est: è una maggiore integrazione con la Ue».
Rafforzare i legami commerciali? Gli stati sono d'accordo?
«I tempi economici sono duri e le opzioni sono solo due. O abbiamo partner economici che crescono e consumano creando le premesse per una maggiore stabilità complessiva. Oppure non apriamo i mercati e poniamo le basi perché si avveri lo scenario opposto. È evidente cosa ci conviene».
Va bene. Però in Libia c'è la guerra.
«Vero. Tuttavia a Bengasi ho visto prender forma una nuova società civile. Sono nati 55 giornali in tre mesi, si fondano associazioni umanitarie e politiche. C'erano persone venute da Tripoli e Misurata, tutta gente che ha interessi comuni e non era mai stata nella stessa stanza. C'è chi tenta di scrivere il prossimo capitolo. Vogliono il voto, ma come parte di un processo più grande».
E la Siria nel caos?
«Ci sono state le prime sanzioni, poi le altre. Cerchiamo un dialogo sul territorio. Occorre trovare una via per convincere il governo a fermare la violenza. Il lavoro è in corso».
L'hanno contestata in molti, lunedì in Consiglio.
«E' stato un buon dibattito. Ho chiesto ai ministri di esser aperti e lo sono stati. Il Servizio è attivo da cinque mesi in uno scenario ricco di conflitti e, tutto sommato, è in buona forma. Certo sono delle nuove sfide e delle risorse che servono. Se inauguri un ufficio a Bengasi devi poterlo tenere aperto».
Però perché l'Ue ha tre uomini a Kabul e sette alle Bahamas?
«Chi l'ha detto è stato inopportuno. Ci sono luoghi che sembrano esotici se ci vai in vacanza, ma che i realtà nascondono una terribile povertà rurale. Succede a Bahamas, come a Mauritius. Lì i nostri non sono ambasciatori, bensì esperti sociali che svolgono un lavoro importante. Mi sembra che questo faccia la differenza».

Gio 26 Mag 2011 7:44 am
Ashton: Ue modello per il Mediterraneo
La Stampa, 25/05/2011 EUROPA - LA GUERRA IN LIBIA "Parte da Bengasi la riconquista del Mediterraneo" Ashton: «La Ue ha un enorme ruolo da giocare. Oggi i... flaviobrugnoli
 
Top
0 replies since 26/5/2011, 10:13   8 views
  Share